Citizen science in mare: come fare e perché
Come gli sport acquatici possono essere utili alla conservazione dell’ambiente marino?
Il mare è grande, questo è un dato di fatto. Ricopre circa il 71% della superficie del nostro Pianeta, è profondo in alcuni punti fino a 10,9 km, eppure solamente meno del 10 % è stato esplorato. Il mare è grande, profondo e poco conosciuto. E proprio per la sua estensione e perché lo conosciamo così poco, è così difficile proteggerlo. Come possiamo proteggere qualcosa che non conosciamo?
Per istituire aree protette dove la natura si può rigenerare, gli scienziati si immergono alla ricerca di luoghi fragili, vulnerabili, estremamente ricchi di biodiversità, per conoscere l’inquinamento di uno specchio d’acqua setacciano il mare alla ricerca di micro-plastiche, e per monitorare la febbre del mare partono per lunghe e ripetitive campagne oceanografiche. Un lavoro quanto necessario quanto immenso per la comunità scientifica che conta solamente 0.1% della popolazione mondiale (UNESCO, 2007).
Il mare è grande, profondo, poco conosciuto, e gli scienziati sono pochi e sparsi (e spesso dal portafoglio limitato ndr).
Ma la vastità del mare ha nutrito il cuore di tantissimi curiosi, esploratori e sportivi nel corso della storia, che per scoprirlo, viverlo e spostarsi su di esso hanno utilizzato le modalità più svariate: chi solo il proprio corpo, scivolando sull’acqua; chi la forza del vento con opere ingegneristiche di ogni tipo; chi una pagaia e qualcosa su cui galleggiare. Il mare é per molti un parco giochi dove trascorrere momenti in un tempo indefinito, un campo di allenamento, un intrecciarsi di strade statali: solo in America, più di 21.7 milioni di persone praticano sport da pagaia in mare (Outdoor Industry, 2015).
La comunità di sport acquatici rappresenta infatti una potenziale flotta di appassionati del mare, pronta a raccogliere dati per la sua ricerca e conservazione, ad essere i molteplici occhi e le mille mani che mancano agli scienziati, ed il tutto con budget limitati.
Citizen science: che cos’è?
Questa modalità di raccolta dati portata avanti da non professionisti viene chiamata “citizen science”, o scienza dei cittadini. Seppure il termine sia stato coniato recentemente (Oxford English Dictionary in 2014), il fenomeno non è nuovo, ma può essere anche riportato a prima della professionalizzazione della scienza. Alla fine, Charles Darwin stesso (1809-1888) non era uno scienziato professionista, ma un grande appassionato! Il primo progetto di citizen science vero e proprio risale però all’inizio del ventesimo secolo, quando una no-profit Americana (National Audubon Society) per monitorare la quantità e specie di uccelli in un luogo circoscritto, organizzò un bird watching di Natale, dove gli ospiti erano invitati a contare i pennuti.
Oggi, i progetti di citizen science sono numerosissimi in tutto il mondo (da scoprire all’interno di piattaforme come Sci Starter e Zooniverse), coprendo ogni ambiente naturale dalle profondità oceaniche alla via lattea.
Come fare citizen science in ambiente marino
Nonostante sia meno popolare della controparte terrestre, la citizen science in ambiente marino sta diventando una metodologia di raccolta dati sempre più riconosciuta per esplorare un ambiente così vasto e profondo. Con un pò di formazione e gli strumenti giusti, un allenamento di nuoto, una pagaiata al tramonto, due bordi in barca a vela, o una immersione ricreativa possono diventare delle vere e proprie spedizioni scientifiche di campionamento e monitoraggio (Earp & Liconti 2019).
I modi per aiutare la comunità scientifica durante le nostre attività sportive preferite sono molti e per tutti i gusti! Vediamone alcuni:
- trascinare dietro il kayak dei piccoli retini da ricerca per il campionamento delle microplastiche (Micro Plastic Hunters Project
- segnalare flora e fauna incontrate durante una escursione in mare tramite l’applicazione iNaturalist
- monitorare durante una pinneggiata di snorkeling gli animali incontrati (Reef Check Italia) o le specie di pesci indicative dei cambiamenti climatici (MPA engage)
Perché è importante fare citizen science
La recente popolarità della citizen science ha portato la Mission Board Healthy Oceans, Seas, Coastal and Inland Waters a proporre alla Commissione Europea che il 20% dei dati marini provenga da progetti di citizen science entro il 2025 (Mission Starfish 2030). I dati raccolti infatti sono numerosi, accurati e soprattutto su larga scala geografica e temporale, essenziali al supporto non solo della ricerca, ma soprattutto di legislazioni ed azioni di conservazione dell’ambiente marino. Nel Regno Unito, i dati raccolti solamente tramite il progetto di citizen science subacquea Seasearch hanno contribuito alla nascita di 35 Marine Conservation Zones.
In particolare, gli sport acquatici sono principalmente praticati vicino la costa, luogo spesso escluso dalla maggior parte delle campagne di ricerca, e di maggiore complessità a livello di protezione. Monitorare la biodiversità costiera per esempio, ci permette di valutare lo stato di conservazione di un’area protetta, il diffondersi di specie non native ed invasive, ma anche lo stato di salute di un’area vulnerabile per essere sicuri di agire in tempo.
Più abbondanti sono i dati, e più accurate saranno le politiche ambientali, specialmente in tempi di cambiamenti climatici. Alla fine, le scadenze ambientali che ci impongono numeri come mantenere l’innalzamento delle temperature entro il grado e mezzo (Convenzione di Parigi), non vengono altro che da una serie di dati, alcuni dei quali potremmo avere raccolto anche noi.
In particolare, i dati oceanografici raccolti vengono utilizzati per rendere più attendibili i modelli meteorologici sui quali si basano le programmazioni di attività all’aria aperta come quelle sportive e turistiche (ma anche altre attività legate alla blue economy come pesca e trasporti) , indirettamente andando anche a supportare l’economia locale (Emodnet, 2020). In questo modo, i dati raccolti tramite sport diventano anche utili alla pianificazione delle attività sportive di per sé.
Un estratto del poster presentato alla EMODnet Open Conference a Giugno 2021.
Capire il mare: come gli oceani influenzano l’essere umano (e viceversa)
Ma la citizen science in ambiente marino non è solamente uno strumento di raccolta dati: coinvolgendo attivamente le persone nella ricerca, e rendendole partecipi alla conservazione marina, questa pratica supporta anche una progressiva ‘alfabetizzazione’ all’Oceano, promuovendo la cosiddetta Ocean Literacy. Conoscere lo stato, l’importanza ed i problemi del mare, viverlo ed aiutarlo sul campo, porta i cittadini scienziati a diventare ambasciatori consapevoli dell’influenza del mare sulle nostre vite, e della nostra influenza sul mare.
E più si conosce il mare, maggiore sarà il supporto pubblico alle politiche ambientali ed alle azioni di protezione dell’ambiente marino, spesso limitate nel loro successo dalla disinformazione. L’Ocean Literacy infatti e’ uno dei principi fondamentali del Decennio delle Nazioni Unite delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile, che inaugurato nel 2021 punta a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica per il mare.
I nostri progetti di citizen science
Attraverso i nostri progetti scientifici desideriamo proprio sviluppare, creare e promuovere attività di citizen science che mettano la comunità sportiva al servizio della ricerca e conservazione marina, per vivere, conoscere ed aiutare di più il mare. Crediamo fortemente che lo sport possa essere un veicolo di scoperta e protezione del nostro mare, nella tutela della salute nostra e del Pianeta. In questo modo l’esperienza del mare si fonde con la sua protezione, ed il turismo e lo sport diventano modalità economiche e innovative di promuovere la ricerca e l’educazione ambientale.
Recentemente abbiamo formato un gruppo di giovani esperti degli sport outdoor all’interno del progetto CRABS, che stanno prendendo parte ad attività di monitoraggio principalmente della macro-e micro- plastica nell’Area Marina Protetta di Portofino. Se le grandi navi da ricerca trasportano dietro di sé le “Manta Trawls”, grandi retini che setacciano il mare alla ricerca di microplastiche, noi outdoor citizen scientists trasciniamo dietro i nostri kayaks le “Mini-mante”, una versione in miniatura. All’interno del progetto Micro Plastic Hunters, insieme al CNR IAS, la Guardia Costiera Ausiliaria, la Lega Navale e Marevivo, il team di CRABS sta testando le mante con il sogno di un protocollo condiviso e di un network tra scienziati e kayakers per il monitoraggio delle microplastiche costiere. Anche sotto il pelo dell’acqua.
Cosa puoi fare tu, cosa possiamo fare insieme
E qui entri in gioco tu: immagina un sito di incontri, ma al posto di giovani alla ricerca di compagnia, mettici scienziati alla ricerca di dati, e amanti del mare disponibili alla loro raccolta. Magari sei uno sportivo che ha voglia di dare un senso alla sua attività ricreativa, un turista attivo che desidera vivere un’esperienza nuova e diversa, oppure un gruppo di ricerca a cui non dispiacerebbe una mano, o ancora un progetto di citizen science alla ricerca di partecipanti. Scrivici, raccontati, iniziamo a fare rete. Consideraci un punto di incontro tra la scienza ed il mondo outdoor, dove ci si aiuta a vicenda. Alla fine ce lo insegna anche il mare che la cooperazione è fondamentale, lì tutto è interconnesso ed ogni essere vivente lavora per supportare il benessere dell’altro e di tutto l’ecosistema. Cosi anche noi possiamo darci una mano, c’e’ un mare di lavoro da fare.
Il mare è grande, profondo, poco conosciuto, e gli scienziati sono pochi e sparsi. Ma la comunità di persone che lo vivono ed amano ogni giorno è numerosa ed ha tanta voglia di dare una mano.
Pagaia, nuota, veleggia, tuffati e pinneggia con noi per la conservazione marina.
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