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Via del Sale: una piccola grande avventura in solitaria

Il diario di bordo di Luca durante la sua escursione alla scoperta del territorio

Sveglia ora 5:30. Parto da casa, Bogliasco (Liguria) in treno, direzione Varzi. È qui che tornerò tra 3 giorni, a piedi, percorrendo la Via del Sale. L’idea che mi ha da sempre affascinato è di iniziare un cammino da un luogo lontano 90 km, attraversare 4 regioni (Lombardia, Piemonte, Emilia – Romagna e Liguria) e pian piano avvicinarsi a casa. Per il suo bellissimo anacronismo. Per la lentezza. Per ridimensionare il modo in cui viviamo il tempo e gli spazi. 

Iniziare a vedere il mare, poi riconoscere i paesi e a un certo punto individuare il tetto della mia abitazione. 

In un cammino così le cose si fanno semplici, essenziali. Una meta, un passo davanti all’altro, pochi pensieri e pasti caldi.

Il cammino parte da Varzi, in provincia di Pavia, e raggiunge il mar Ligure appena a est di Genova, nel cosiddetto Golfo Paradiso. I primi passi servono per entrare comodo in una sensazione di beata solitudine e silenzio. Anche lo smartphone è rimasto a casa. Niente può disturbare questo viaggio nel tempo e nella natura.

Superato il  paese di Castellaro entro in un bosco vivo e ne rimango affascinato. È il bosco più straordinario che abbia mai visto, sembra di essere in un cartone della Disney. Senz’altro deve essere popolato da fate, gnomi e quant’altro. Immagino siano solo un po’ timidi. 

Superato il bosco il sentiero si erge su un crinale che pare dominare il mondo. Lo si percorre fino a raggiungere il Monte Chiappo, il punto più alto del cammino, a quota 1700m. Esattamente qui in vetta si incrociano Lombardia, Emilia e Piemonte. Sono alla fine della prima tappa e già, per la prima volta, vedo il mare, il mio mare, lontanissimo. Mai l’avevo visto così distante.

Giungo quindi a Capanne di Cosola, dove trascorrerò la prima notte. 

L’indomani mattina diluvia, ci sono 5 gradi e il vento sembra voler strappare via gli alberi. Ma decido di partire comunque. Così fanno anche altre due coppie di camminatori che ho incontrato la sera prima a cena e che incontrerò ancora ogni tanto durante il percorso, fino a destinazione.

Cammino annaspando nel fango in quella che dovrebbe essere una cresta incredibilmente panoramica, io faccio fatica a vedere la punta delle mie scarpe. Mi oriento usando carta e bussola (no smartphone, no gps, no traccia), ma in queste condizioni non riesco a consultarle e quindi sul monte Carmo mi perdo. Perdo quota e mi tocca fare almeno un paio di km in più, non ci voleva. Poi però in un colpo solo trovo: il sentiero che avevo perso, una delle due coppie di “compagni di viaggio”, una tettoia sotto cui ripararsi e una gentile signora che ci offre un caffè caldo. La semplicità dell’avventura rende questo momento magico, unico, indimenticabile. Nuovamente carico di energie positive e nuovamente solo riparto, prossima destinazione: Rifugio del Monte Antola.

Arrivo alle 14.00, dopo 6 ore di cammino pressoché ininterrotto, zuppo, affamato e stanco. Ed entro in paradiso. Ad accogliermi un cambio asciutto, una stufa a legna e un piatto caldo. Questo è il vero significato della parola Rifugio. I ragazzi che lo gestiscono sono splendidi e l’atmosfera perfetta. Mangio, scrivo, penso e mi ricarico per la discesa finale su Torriglia. Nel frattempo ha smesso di piovere. Tra una nuvola bassa e l’altra mi godo qualche scorcio di vista sul Lago del Brugneto.

Arrivo quindi all’Hotel della Posta, una vecchia locanda molto anni ’60 e mi faccio travolgere dai racconti del proprietario, un simpatico giovincello di 80 anni. Storie di Ufo, castelli, villeggiatura dell’Italia che non esiste più. Vado a dormire presto, l’indomani mi aspetta l’ultima tappa, la più lunga.

E comincia quindi l’avvicinamento finale. Se nei giorni scorsi non ci pensavo, ora mi sembra davvero di accorciare, a ogni passo, la distanza che mi separa dalle mie origini. Il paesaggio cambia, si fa sempre più mediterraneo. E a un certo punto sbuco sul Monte Fasce e vedo casa. Sono passati solo 3 giorni, ma a me sembra trascorsa un’eternità. Ora mi aspetta la discesa finale. Passo sotto Santa Croce sotto una leggera pioggerellina, accompagnato da Daini, Poiane, Cinghiali e Caprioli, fedeli compagni di viaggio per tutto il percorso.

Arrivo a casa alle 18.00 di sabato 20 maggio con gli occhi che brillano, la mente sgombra e affilata, i polmoni pieni di vita e la voglia di continuare a camminare e camminare e camminare ancora perché siamo nati per fare questo.

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